Confcommercio Vicenza: la Regione Veneto avvantaggia gli agriturismo
L'associazione berica chiede alla Regione Veneto di fare marcia indietro sul disegno di legge regionale degli agriturismo, approvato dalla Giunta a fine giugno e prossimamente all’esame del Consiglio.
Confcommercio Vicenza chiede alla Regione Veneto di fare marcia indietro sul disegno di legge regionale degli agriturismo, approvato dalla Giunta a fine giugno e prossimamente all’esame del Consiglio.
In particolare secondo la Fipe, che rappresenta il mondo dei pubblici esercizi (ristoranti, trattorie, pizzerie e bar), le ipotesi contenute nel provvedimento rappresentano un ulteriore passo verso la sostanziale equiparazione degli agriturismo alle attività di ristorazione e ospitalità, con una differenza sostanziale però: un inquadramento fiscale e normativo ben più favorevole per gli imprenditori agricoli rispetto a quelli del turismo, che si troverebbero dunque a competere ad armi impari.
“Sorprende che in un periodo così delicato per il settore della ristorazione, con imprese in grandissima difficoltà a causa del crollo dei flussi turistici, la Giunta Regionale abbia avallato un disegno di legge che di fatto “legalizza” una situazione di concorrenza sleale tra imprese – afferma Gianluca Baratto, presidente di Fipe Confcommercio Vicenza -. Noi non abbiamo nulla contro gli agriturismi veri, nati per dare un reddito complementare alle aziende agricole, ma è un dato di fatto che questo principio, negli anni, si è sempre più affievolito ed i concetti di prevalenza e complementarietà sono oramai relegati a ruoli di mera comparsa, mentre sono rimasti tutti i benefici normativi e fiscali. Dunque delle due l’una: o torniamo a mettere rigidi paletti a queste attività, oppure equipariamole totalmente alle nostre imprese, non solo nei diritti ma anche nei doveri”.
Le forti critiche del mondo della ristorazione al disegno di legge veneto sugli agriturismo si concentrano in particolare su alcune novità di rilievo. La modifica della quota di prodotti che devono obbligatoriamente provenire dall’azienda agricola abbassata al 50%, ad esempio. A questo aggiungiamo che per un altro 35% di prodotti, la norma permetterebbe agli agriturismo di utilizzare una così ampia scelta di alimenti (biologici, Dop, di Qualità Verificata ecc.) da rendere di fatto impossibili verifiche e controlli sul rispetto della prescrizione.
Preoccupa, poi la possibilità di offrire, in cantina, esperienze di abbinamento dei vini agli alimenti, che il disegno di legge introduce in modo così generico da dare un sostanziale via libera a servizi di ristorazione: “Già oggi notiamo che alcune cantine organizzano eventi che di fatto le trasformano in ristoranti senza averne alcun titolo e senza che debbano essere rispettati, ad esempio, i nostri stessi stringenti obblighi sanitari – rincara il presidente Baratto –.Con queste legge si rischia un via libera incontrollato a queste attività: non è solo una questione di concorrenza, ma anche di sicurezza degli avventori”.
A rafforzare ulteriormente la trasformazione degli agriturismo in imprese dove l’attività agricola sembra una “scusa” per fare dell’altro è il via libera all’offerta di attività ricettive all’aperto del tutto analoghe alle attività complementari all’aperto tradizionali; e poi quella di fornire alloggio a 60 persone (il doppio rispetto alla situazione attualmente in vigore).
“Se passa questa norma, non ci saranno più sostanziali differenze tra i servizi offerti da un agriturismo e quelli di un ristorante o un albergo – conclude il presidente di Fipe Confcommercio Vicenza -. A questo punto applichiamo il principio sacrosanto “stesso mercato, stesse regole”. Se ad un agricoltore non basta il reddito della sua azienda, liberissimo di ampliare l’attività: ma con tutte le autorizzazioni, gli obblighi, i controlli, le imposte locali e nazionali dei ristoranti, eliminando privilegi che a questo punto appaiono anacronistici e fuori dalla realtà”.